"...Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Son Io il signore del mio destino.
Son Io il capitano dell'anima
mia".
William Ernest Henley
Il termine "resilienza" in origine proveniva dalla metallurgia: indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. Per un metallo la resilienza rappresenta il contrario della fragilità. Così anche in campo psicologico: la persona resiliente è l’opposto di una facilmente vulnerabile. Etimologicamente “resilienza” viene fatta derivare
dal latino "resalio", iterativo di "salio". Qualcuno propone un collegamento suggestivo tra il significato originario di "resalio", che connotava anche il
gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare, e l’attuale utilizzo in campo psicologico: entrambi i termini indicano l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà.

La mia
personale definizione del termine è la seguente: la resilienza psicologica è la
capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino. Il verbo "persistere" indica l’idea di una motivazione che rimane salda. Di fatto l’individuo resiliente presenta una serie di
caratteristiche psicologiche inconfondibili: è un
ottimista e tende a "leggere" gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di
controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente
motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a
vedere i cambiamenti come una sfida e come un’opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni è capace di
non perdere comunque
la speranza.
Fonte: pietrotabucchi.it
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