venerdì 31 gennaio 2014

L'epoca della “precarietà ontologica”

La folla 1978 - Momò Calascibetta

Antonio De Lisa, a proposito di poesia, scrive:

"... Il primo dato che salta agli occhi è di tipo analitico. E’ un’epoca di molteplicità e di varietà assolute. Sembra che ogni poeta faccia storia a sé. Anzi, che ogni singola opera faccia storia a sé. Non sono riconoscibili scuole, se non piccole cordate; non sono visibili opzioni di poetica, perché spesso lo stesso poeta articola il proprio percorso in più direzioni, come è giusto che sia. Lo stesso trattamento della materia prima della poesia, cioè il linguaggio, è ampiamente prospettico, dallo sperimentalismo alla pacata e a volte dolente liricità in versi. Da un punto di vista storico, il periodo che va dalla metà degli anni Settanta ad oggi è il meno definibile possibile da questo punto di vista. E’ l’immagine stessa della frammentarietà... E’ anche un’epoca di grande abbondanza poetica. Come se la poesia fosse l’ultima isola di testimonianza prima del silenzio... Frammentarietà e proliferazione sono in questa prospettiva l’epifenomeno, per così dire, di una condizione di fondo di uno stato di cose che ormai è andato oltre anche il post-moderno, superandolo in prospettive ancora più caotiche e confuse. E’ questa la condizione che chiamiamo di “precarietà ontologica”. Non c’è più niente che tenga come punto fermo, come punto di riferimento. Non ci riferiamo certo ai vecchi valori (ideologici), ci riferiamo ai valori in generale. Resta solo l’”io”. Cioè una situazione in cui solo l’individualismo più isolazionista detta le leggi del movimento. Ma proprio perché isolato, tanto più conformista. Una miscela particolare che si è venuta a creare in condizioni di mescidazione tra vecchi spezzoni di realtà e nuove aspirazioni...

Come si muove la poesia in questo stato di cose, in cui tutto fluttua in una condizione di precarietà generale (anche lavorativa, anche di condizione sociale)? Forse, tutto sommato, conserva una sua dignità..."

http://inpoesia.me/tag/la-poesia-nellera-della-precarieta-ontologica/ 

giovedì 30 gennaio 2014

Il senso di precarietà della vita nell'arte del passato: la Vanitas

Tanti sono stati e sono  i modi per esprimere la caducità della vita in campo artistico, tra questi ricordiamo la "Vanitas". Il nome deriva dalla frase biblica "Vanitas vanitatum omnia vanitas" che significa "vanità delle vanità: tutto è vanità", ciò fa da ammonimento all'effimera condizione dell'esistenza umana. 
Questo genere pittorico ha avuto il suo massimo sviluppo nel Seicento, soprattutto in Olanda, strettamente correlato al senso di precarietà che investì il continente europeo in seguito alla guerra dei trent'anni e al dilagare delle epidemie di peste.
La Vanitas in pittura è una natura morta caratterizzata da elementi quali:
Natura morta con teschioPhilippe de Champaigne1671- wikipedia
  • il teschio, la candela spenta o il silenzio degli strumenti musicali, in quanto simboli di morte;
  • la clessidra o l'orologio rappresentano il passare del tempo;
  • le bolle di sapone, simbolo di transitorietà della vita e dei beni terreni;
  • un fiore spezzato, come un tulipano o una rosa, simbolo della vita che come quel fiore prima o poi appassirà.
Questa riflessione sulla triste condizione dell'uomo ha da sempre spaventato i nostri avi e purtroppo anche l'uomo moderno è tormentato da queste paure ancestrali che da sempre hanno alimentato un grande senso di precarietà.

LA PRECARIETA' DELLA VITA UMANA NELLA POESIA: UNGARETTI

Ungaretti e la precarietà della vita umana
Dal sito:
http://www.patrialetteratura.com/ungaretti-e-la-precarieta-della-vita-umana/

Arruolatosi volontario nella Prima Guerra Mondiale, in quella che si pensava essere una guerra lampo, Ungaretti sperimentò subito sulla propria pelle l’amarezza, il senso della precarietà umana e un vero e proprio spossamento materiale e spirituale. La vita in trincea provocò in lui un disperato attaccamento alla vita e, perennemente a contatto con la morte, un senso di solidarietà umana e fratellanza sempre crescenti.
Nella poesia ungarettiana, alla consapevolezza del dolore e alla caducità della vita si oppose il perpetuo sforzo di reagire alla sconfitta: se la vita è un eterno naufragio, l’uomo riprende continuamente il suo viaggio, procedendo in un continuo alternarsi di morte e vita, di naufragio e allegria.

Fra le poesie che meglio esemplificano questa tematica, annoveriamo Sereno (La Serénité de ce soir), Soldati e “Vie” da un lato, “Hiver” e “Prélude dall’altro.
SERENO Bosco di Courton, luglio 1918
Dopo tanta
Nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle
Respiro
Il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo
Mi riconosco
immagine
passeggera
Presa in un giro
immortale.

mercoledì 29 gennaio 2014

La concezione del tempo nella società liquida

Da: http://www.gianlucabaldi.it/index.php?id=47


“Nella società dei consumi della società liquida il tempo non è né ciclico né lineare, come normalmente era nelle altre società della storia moderna e premoderna. Intendo mostrare che esso invece è puntillistico, ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate, ciascuna ridotta a un punto che sempre più si avvicina all’idealizzazione geometrica dell’assenza di dimensione”.

"Una società può essere definita liquido-moderna se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure”.

"Nel nostro vivere la dimensione temporale contemporanea siamo afflitti da un profondo senso di precarietà, di incertezza, viviamo in case “montate su rotelle girevoli, invece che su solide e durature fondamenta…
E ancora, vivere nella società liquida significa “disimpegno dall’attaccamento a qualsiasi cosa specifica… avvertire l’infinità delle connessioni, ma non farsi agganciare da nessuna”.

lunedì 27 gennaio 2014

LA SOCIETA’ ‘’LIQUIDA’’ PRIGIONIERA DELLA CRISI

Dalle pagine del Corriere della sera (21 luglio 2008)  Francesco Alberoni scrive:

"Una grave crisi economica produce profonde trasformazioni nella struttura e nei valori della società. La nostra società è molto fragile, disunita, al punto che il sociologo Bauman la chiama società liquida. Egli sottolinea che non ci sono più regole forti, si sono indebolite le Chiese, i partiti, tutti i rapporti e non solo quelli di lavoro sono diventati precari, anche nella famiglia, anche nella coppia, mentre l'educazione svanisce e prevale l'impulso immediato. Per diventare solidi di certo non dobbiamo rinunciare alla nostra libertà ma ci servono amministrazioni pubbliche snelle, un sistema giudiziario rapido, un sistema fiscale equo, una informazione seria, una educazione rigorosa, una scuola e una università che producano altissime competenze. Occorre dare opportunità ai capaci, incominciando dalle donne, oggi ancora discriminate. Dobbiamo creare una mobilitazione come se fossimo in guerra, per cui tutti fanno meglio, lavorano di più, studiano di più, inventano di più. Non ci sono più margini per i chiacchieroni, i fannulloni, i ritardatari e i cinici".
http://archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/21/societa_liquida_prigioniera_della_crisi_co_9_080721102.shtml 

PERCHE’ NOI VIVIAMO IN UNA SOCIETA’ LIQUIDA


Immagine da: http://blog.alibertieditore.it/2013/01/28/bauman-uguali-e-diversi-nella-societa-liquida/
"Molti studiosi, molti intellettuali credono alla teoria di Bauman secondo cui la nostra società è «liquida» cioè non ha più strutture forti, legami duraturi, desideri, progetti, speranze. In essa tutto è liquido, labile: certezze, patti, impegni, amori. L'individuo, separato dalle formazioni sociali, nazione, razza, famiglia, chiesa, partito, impresa, coppia, si preoccupa solo del suo benessere individuale, del suo piacere immediato, della chiacchiera, dei consumi usa e getta.
Molte delle osservazioni di Bauman sono vere, ma nel complesso la sua è una teoria ideologica, falsa. Da vecchio marxista rivoluzionario, Bauman descrive il presente come qualcosa di miserabile, meschino, corrotto, gretto, marcio, e quindi destinato a essere spazzato via dalla rivoluzione. Come facevano i primi cristiani che aspettavano l'apocalisse, poi i comunisti, i nazisti, i fascisti, gli integralisti islamici e, oggi, quelli del movimento a cinque stelle.
Se invece osserviamo la realtà vediamo che, nonostante la recessione, la gente è attaccata al proprio posto di lavoro e gli imprenditori sono impegnati nel conservarglielo. Il terremoto in Emilia ha mostrato che c'è un'altissima solidarietà fra imprenditori e maestranze. Tutti si sono uniti per far fronte alle difficoltà, per ricostruire. E lo stesso è avvenuto nei paesi alluvionati, dove la gente si è prodigata per far risorgere ciò che era devastato e per aiutare coloro che avevano più sofferto. E si e visto che la famiglia italiana è compatta, i suoi membri si aiutano moltissimo fra di loro. Inoltre, non è vero che i simboli e i valori di riferimento sono scomparsi. Il presidente della Repubblica è rispettato e amato dal popolo italiano, e il nuovo Papa Francesco è stato accolto con commovente entusiasmo. Non è vero che gli italiani sono isolati. Sono legati alla loro città, alle loro istituzioni, alle loro abitudini, alle loro feste, coinvolti in una rete di associazioni, di onlus, di gruppi sportivi e artistici, hanno un numero enorme di relazioni personali e in rete. Anche l'amore certe volte è liquido, come sempre, ma semmai in questo periodo tende a ritornare solido e appassionato".

Francesco Alberoni

Che cos'è la Società liquida

Da:http://garbo.ilcannocchiale.it/?TAG=etica - 
"In una società liquida come la nostra (come l’ha definita Zygmunt Bauman) non ha molto senso strutturare una personalità ben delineata, scolpirsi nel marmo, possedere caratteristiche ben definite, avere idee, sentimenti, modi di percepire la realtà stabili, duraturi, linerari, permanenti ... non coglieremmo i continui mutamenti caleidoscopici del nostro tempo, non riusciremmo a seguirne il flusso se anche noi non fossimo altrettanto liquidi..."
"Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile. ◆ Il noto sociologo Zygmunt Bauman sostiene che viviamo in una «società liquida», ma il suo modello non intende certo prendere alla lettera questa metafora, come sta avvenendo invece ora, nel momento in cui libri, registri e quaderni, con tutti i significati ch’essi rivestono, rischiano di finire nelle tubature di scarico. Trascinando con sé tante memorie del passato ma anche tante speranze del futuro. (Silvia Vegetti Finzi, Corriere della sera, 19 ottobre 2004, p. 49, Cronaca di Milano) • Una società «liquida» (secondo l’immagine felice – e fortunata – di Zygmunt Bauman). Dove i confini e i riferimenti sociali si perdono. I poteri si allontanano dal controllo delle persone. (Ilvo Diamanti, Repubblica, 4 giugno 2006, p. 1, Prima pagina) • Questa avvincente avventura richiede forte investimento di «umanità» e di «passione etica». Esse stanno a fondamento della cultura sportiva. La «questione etica» precede lo sport, convive con lo sport e dà vero compimento allo sport. E lungi dall’essere un’ipotesi di anime belle, è una necessità se intendiamo salvare lo sport, per oggi e per domani. È opinione diffusa che viviamo in una società «liquida», aperta e incerta". 
(Carlo MazzaAvvenire, 13 ottobre 2007, p. 31, Sport).

La precarietà nel lavoratore atipico



http://qi.hogrefe.it/rivista/le-possibili-conseguenze-del-lavoro-atipico-dalla-/

 La precarietà di vita è definita come una sindrome che interessa i lavoratori atipici, poiché, se percepiscono la propria condizione come temporanea e instabile, possono avere difficoltà a progettare la propria vita con conseguenze emotive che influenzano negativamente l’agire quotidiano (Callea, 2011). Come emerso dallo studio di validazione del Precariousness of Life Inventory (Callea, 2010), tale sindrome è composta da tre dimensioni: il disinteresse verso il lavoro attuale, la sfiducia verso il futuro professionale e le conseguenze emotive nella vita quotidiana. Il lavoratore atipico prova un senso di precarietà di vita se è demotivato e nutre scarso interesse verso il lavoro che svolge, se ritiene di avere scarse possibilità di trovare un lavoro stabile e adatto alle proprie esigenze e se tali condizioni influenzano negativamente a livello emotivo la vita quotidiana.

Senso di Precarietà

L’entrata in vigore dell’euro, in Italia, ci aveva aperto a molte speranze e illusioni, prospettando un sistema economico prospero. Invece è seguita, negli ultimi anni, una profonda delusione che ha generato un enorme senso di insicurezza e precarietà. Questo può angosciarci, far paura, far disprezzare questa società odierna però è anche vero che questo momento negativo della storia può farci crescere e aiutarci verso una trasformazione radicale dal punto di vista psicologico e aiutarci ad avere un futuro migliore.

PRECARIETA' NEL MONDO DEL LAVORO

Un tempo era argomento per sociologi del lavoro, economisti, giuslavoristi. Discussione accademica per professori che predivano il futuro. Oggi la precarietà è la drammatica realtà quotidiana di tutti, giovani e non, donne, migranti, dei milioni di disoccupati, di chi ha contratti a tempo o saltuari, di chi è “a scadenza” come cibo da supermercato. In questi anni, in Italia e non solo, i diritti sociali e del lavoro sono stati progressivamente sacrificati sul piatto e nel nome della competizione globale e dell’abbattimento dei costi.

IL SENSO DI PRECARIETA' NELLE SOCIETA' AVANZATE


Dal sito:www.psicologi-italia.it:
La precarietà è un tema molto sentito nel mondo di oggi, a livello globale, planetario ma, mentre per le nazioni meno sviluppate questo è sempre stato un tema all'ordine del giorno, solo ultimamente lo si avverte in modo sempre più pressante nei paesi ricchi, quelli più industrializzati e avanzati, di cui l'Italia è un rappresentante. Paradossalmente, proprio ora che abbiamo raggiunto standard elevati di benessere e di salute, si comincia ad avvertire di più questo tema. La precarietà è avvertita rispetto al lavoro, all'abitazione e talvolta anche rispetto agli affetti. Viene da chiedersi se sia essa stessa un prodotto del benessere, se ne sia una conseguenza necessaria oppure se derivi dal ripiegarsi dell'uomo su sé stesso e dal non saper cogliere i segnali del cambiamento. Di fatto la precarietà, che venga percepita o no, è reale. Molte persone non riescono a vivere decorosamente in un Paese avanzato come il nostro, il che equivale a dire che vivono una condizione di disadattamento; molti giovani non hanno la possibilità concreta di progettare il proprio futuro e restano sospesi in un limbo che limita fortemente le loro capacità generative. Inoltre, aumenta il divario fra ricchi e poveri.

giovedì 23 gennaio 2014

RISORSE UNO: IL SENSO DI PRECARIETA'

Il senso di precarietà
La società contemporanea è percorsa da un sentimento permanente di precarietà ed incertezza. Integralismi religiosi e terrorismi, cambiamenti climatici e catastrofi ecologiche, globalizzazione e flussi migratori, politiche bancarie e crisi economica contribuiscono a diffondere un profondo senso d'insicurezza. Alla radice c’è però una ragione più profonda: uno scenario di vita consumistico-competitivo (Bauman, link) che produce insoddisfazione, precarietà emozionale, instabilità di valori, difficoltà a creare relazioni interpersonali significative e ad interessarsi di problemi comuni e collettivi. “Società liquida” viene chiamata, in cui vige la cultura della fretta e dell’adesso e dove il vivere in un “perpetuo trafelato presente” è diventata una condizione umana generalizzata che investe giovani e adulti. In crisi la proiezione nel futuro, le “aspirazioni”, la volontà di costruirsi come persone autonome, capaci di pensare, di aderire a principi di autoregolazione e soddisfazione, di instaurare relazioni gratificanti portatrici di un equilibrio emotivo non effimero.

In Italia, il difficile accesso al mondo del lavoro (link) unito all'inefficacia dell’azione politica e all’inadeguatezza della scuola (link) aggrava il problema, privando altresì i giovani del loro diritto al futuro. Sono molti i giovani d'oggi che non lavorano, non versano contributi, non vanno via di casa, non fanno nulla. La statistica ha coniato una sigla per definirli: Neet, significa not in education, employnment or training (link) (non lavorano, non studiano, non si formano).
E quando li accoglie, il mercato del lavoro è estremamente avaro con essi: quasi la metà dei sottoinquadrati (occupati che svolgono una professione inferiore al livello di studio) sono giovani di 15-34 anni.

"Se sei precario fuori non esserlo anche dentro
evadi dal sistema, la chiave è il cambiamento
non trovarti alibi o ti condannerai
spezzati la schiena, ma non piegarti mai".
Sanremo 2010 - Diversamenteoccupati - il testo (link)


COMPITO: RICERCA RISORSE su Web (audio, video, testi, ecc.), Riviste, Libri - DISCUSSIONE
  • Approfondimento sulla SOCIETA' LIQUIDA
  • Approfondimento sul senso di precarietà
SCADENZA: mi aspetto un contributo di ciascuno entro QUESTO FINE SETTIMANA, al fine di discuterne insieme al nostro incontro di lunedì. Non siate timorosi, per iniziare basta anche poco :-))! Baci.

martedì 21 gennaio 2014

Il Nichilismo in Nietzsche

da wikipedia.it
F. Nietzsche (1844 - 1900) fu filosofo, poeta, compositore e filologo tedesco.  
"...L'uomo, per Nietzsche, ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che "la vita non ha alcun senso", che non c'è nessun "oltre" di essa e che va vissuta con desiderio e libero abbandono pieno di "fisicità". Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo criteri di razionalità, di giustizia e di bellezza, l'uomo non avrebbe bisogno di auto-illudersi per sopravvivere, costruendo metafisiche, religioni e morali. L'umanità occidentale, passata attraverso il cristianesimo, percepisce ora un senso di vuoto, trova che "Dio è morto", cioè che ogni costruzione metafisica vien meno davanti alla scoperta che il mondo è un caos irrazionale. Fino a che non sorgerà l'Oltreuomo, cioè un uomo in grado di sopportare l'idea secondo cui l'Universo non ha un senso, l'umanità continuerà a cercare dei valori assoluti che possano rimpiazzare il vecchio dio (inteso come qualsiasi tipo di realtà ultraterrena...) dei sostituti idolatrici quali, ad esempio, lo Stato, la scienza, il denaro, ecc.
La mancanza, però, di un senso metafisico della vita e dell'universo fa rimanere l'uomo nel nichilismo passivo, o disperazione nichilista. È tuttavia possibile uscire dal nichilismo superando questa visione e riconoscendo che è l'uomo stesso la sorgente di tutti i valori e delle virtù della volontà di potenza (nichilismo attivo). L'uomo, ergendosi al di sopra del caos della vita, può generare propri significati e imporre la propria volontà. Chi riesce a compiere questa impresa è l'Oltreuomo, cioè l'uomo che ha compreso che è lui stesso a dare significato alla vita".
da:http://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_Nietzsche

Il nichilismo, come negazione di ogni valore assoluto ed accettazione della finitezza del vivere, si pone dunque in contrasto con le visioni religiose e metafisiche della vita che, trasferendone il senso al di fuori di questa terra, in un mondo di negazione degli istinti portano, secondo Nietzsche, all'annientamento della gioiosa vitalità dionisiaca dell'esistenza.
"L’annuncio (Dio è morto!) è devastante e liberatorio al tempo stesso: rappresenta la presa di coscienza dell’esaurimento della portata storica di una sovrastruttura metafisica che ha influenzato la civiltà occidentale da Platone in avanti e il punto di partenza per un processo di liberazione delle potenzialità dell’uomo che, una volta resosi conto del deserto nel quale si trova (la figura del Cammello nel passo delle Tre metamorfosi in Così parlò Zarathustra, 1885) potrà spezzare le catene che lo legano a esangui tradizioni (il Leone) per costruire da sé il proprio orizzonte, riappropriandosi della propria originaria attività creativa (il Fanciullo, rappresentazione conclusiva dell’Übermensch, del Superuomo)". 
"[...] Solo l’uomo che saprà accettare la sua finitezza senza più opporre a essa idoli, feticci, surrogati di un’illusione rivelatasi pura menzogna e saprà accettare la vita col suo carico di sofferenza e a essa ‘dire di sì’ potrà essere capace di quella ‘fedeltà alla terra’ che è la caratteristica fondamentale del nuovo soggetto, il Superuomo. Ma perché ciò possa accadere, occorrerà che ciascuno sappia assumere la responsabilità della propria scelta, senza più accampare gli alibi metafisici o ideologici. È ciò che Nietzsche definisce la volontà di potenza".
da: http://www.treccani.it/scuola/lezioni/in_aula/scienze_umane_e_sociali/nichilismo/lolli.html

giovedì 16 gennaio 2014

PRESENTAZIONE DEL LIBRO


In un'intervista sul senso della vita (link), su Riflessioni.it, Umberto Galimberti, alla domanda -Che cos'è per lei la felicità?- risponde:

"La felicità è l’autorealizzazione di se medesimi, di se stessi, e questa è una definizione di Aristotele il quale ritiene che ogni uomo sia fornito di una vocazione, di un'inclinazione, che lui chiama daimon; ciascuno ha il suo demone, il musicista, l’artista, il filosofo, l’uomo che lavora manualmente e la felicità in greco si dice eudaimonia: "la buona realizzazione del tuo demone".

PERCHE' UN BLOG? STORIA DI CHUANG TZU


immagine da wikipedia
Tra le molte virtù di Chuang-Tzu c'era l'abilità nel disegno. Il re gli chiese il disegno d'un granchio.
Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d'una villa con dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato.
"Ho bisogno di altri cinque anni" disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordò.
Allo scadere dei dieci anni, Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegnò un granchio, il più perfetto granchio che si fosse mai visto. 
(da: Lezioni Americane di Italo Calvino)

La storia di Chuang Tzu, filosofo e dotto letterato vissuto nel IV secolo A.C., è una bella metafora sull'importanza dei tempi d'incubazione delle idee. Spesso un buon lavoro, una buona idea, una buona riflessione nascono solo apparentemente da un'intuizione improvvisa; in realtà il nostro inconscio ha lavorato a lungo intorno ad essi.

Ci accingiamo ad iniziare il nostro viaggio intorno al libro di U. Galimberti: "L'ospite inquietante- Il nichilismo e i giovani". I nostri incontri in presenza saranno, per ovvie ragioni, limitati, sicché disporre di un blog come spazio d'incontro che prescinda dai vincoli della compresenza e della contemporaneità è, a mio avviso, utile e comodo. Se poi, come spero, questa esperienza di "CLOUD SCHOOLING" saprà, con il contributo di ciascuno, diventare coinvolgente, il blog potrà accompagnarci anche oltre ;-)

Un altro vantaggio è che, se faremo qualcosa di buono, resterà a disposizione di tutti per molto tempo.