mercoledì 9 aprile 2014

La violenza nei giovani




Negli ultimi vent’anni, i mezzi di comunicazione e gli esperti di psicosociologia si sono interrogati sulla violenza dei giovani e in particolare sul loro modo di essere violenti.  Le cause di questi comportamenti spesso eccessivi sfuggono agli esperti.  Bisogna dire che le reazioni dei giovani che aggrediscono le persone senza ragione apparente, abbandonandole talvolta morenti, lasciano chiunque allibito e smarrito.  È vero che la violenza è un atto inconsulto, anzi quasi primitivo.  Presumibilmente, in nome della sicurezza si genera nuova violenza.  Quando degli esseri umani sono sottoposti ad angherie nei loro diritti alla giustizia ed alla libertà, finiscono, presto o tardi, per manifestare la loro ostilità.  Quest’ultima può arrivare a tradursi in atti violenti proprio perché tutto viene automaticamente ma apparentemente vietato in nome della sicurezza per ristabilire una certa giustizia sociale, un cosiddetto rispetto reale dell’essere secondo il diritto.  In tali circostanze, può verificarsi una deriva dei comportamenti.
Proponiamo un’analisi della violenza attuale per due vie: quella della cosiddetta normalità e quella del senso dell’educazione.  Quanto alla violenza riguardo la normalità, esiste un confronto tra una persona debole e un’altra forte o una struttura ingiusta.  Alcuni si ribellano contro certe strutture stabilite.  Pensiamo al banditismo legato alla povertà, in cui una persona prende ai ricchi per ridare ai poveri.  Questo genere di ribellione esiste da sempre.  Riguardo l’educazione, una ricerca fatta negli anni ’80 (SROH, 1984), su circa 92 giovani tra gli 11 e i 18 anni, ha permesso di identificare un elemento importante legato all’assenza di senso di colpa di alcuni di questi quando commettono un atto violento.  Anche se questa ricerca è stata fatta circa 20 anni fa, le sue conclusioni sono tuttora valide in quanto le manifestazioni di violenza continuano ad aumentare. 
“Quindi sembra che la psiche del giovane sia oggi condizionata a vivere la violenza come qualcosa di normale e possiamo perfino affermare che il giovane vive la violenza come una soluzione ai suoi problemi di stress, di insicurezza e di instabilità: la sensazione di sollievo legata alla vendetta e alla liberazione risulta chiaramente dalle nostre interviste, mentre il 64,6% dei giovani riconosce sinceramente, in risposta al questionario, che si vendica quando ritiene di avere subito violenza (p.30).”
Fino ad ora, le scienze mediche inerenti la salute considerano il giovane che non sente il senso di colpa come un essere geneticamente delinquenziale, dunque malato.  Non aderisco a questa spiegazione genetica, ma credo piuttosto a una causa psicosociologica.  L’assenza di riferimenti e di modelli, vale a dire, un ambiente privo di regole ed una permissività a volte senza limiti non è senza conseguenze.  Tutto questo vale ancora oggi. 
In questa stessa inchiesta, i risultati delle risposte di 92 genitori e di 40 giovani partecipanti ad un questionario, così come le interviste realizzate con 10 genitori e 10 giovani partecipanti, hanno individuato quattro elementi che possono spiegare la violenza: la permissività dei genitori, il lassismo delle autorità, la perdita del significato dell’educazione e la mancanza di senso di colpa dei giovani di fronte all’atto violento.  Quando l’eccessiva permissività porta alla scomparsa dei limiti e alla perdita di coscienza dell’altro, sia nei giovani che negli adulti, diventa difficile sapere dove fermarsi:  le condizioni di riconoscimento e di rispetto dell’altro in questi casi perdono il loro significato.  Quando l’educatore non è più rispettato, anche la scuola accusa un deficit in termini di credibilità per adempiere alla sua missione.  Una tale forma di educazione permissiva priva il giovane di modelli e di mezzi che invece lo aiuterebbero a capire dove può andare e come può agire.
I genitori rimangono, tuttavia, modelli per il figlio.  Gli insegnanti ed il personale scolastico mantengono il loro ruolo di socializzazione. La gestione educativa è spesso frenata dal lassismo delle autorità.  Non si dovrebbe essere né troppo severi, né troppo autoritari, né troppo punitivi.  Si lasciano passare situazioni a volte gravi, ad un punto tale che i giovani hanno perso la nozione di un equilibrato timore e sfidano in modo sfrontato l’autorità.  Sia in famiglia che a scuola e nella società, questo particolare modo di sfidare l’autorità è diventato una forma di affermazione d’identità dei giovani.  L’inizio di questo comportamento non è recente, è da quasi trent’anni che si viene tessendo nei costumi.  Anche i tribunali danno prova di lassismo nel loro approccio, perdonando o arrivando a giustificare perfino certi atti violenti.

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