Una della paure che
maggiormente assale i genitori quando i figli attraversano il periodo
dell’adolescenza, riguarda la possibilità che essi vengano a contatto con le
droghe, e con tutte le conseguenze devastanti che ciò può comportare, sia per
chi ne fa uso che per chi gli sta accanto.
L’adolescenza è un periodo molto particolare per lo sviluppo dell’identità, ci
si allontana dalla famiglia, con cui si entra spesso in opposizione, ci si
identifica con il gruppo dei pari, il corpo matura con una velocità maggiore
rispetto alla psiche, e si muovono i primi passi verso l’autonomia. I genitori
accettano con difficoltà questa fase, perché vengono a perdere un ruolo di
primaria importanza nella vita dei figli, si rendono conto che anche per loro
il tempo passa, e che tutte le attenzioni spese nella cura dei figli, vanno
rimodulate se intendono favorire il processo che li porterà allo svincolo.
Questo processo che dovrebbe essere naturale e sano, può avvenire in modo
problematico per differenti motivi: difficoltà da parte dei genitori a favorire
lo svincolo; insicurezza da parte dei figli nello svincolarsi; presenza di
malattie fisiche o psichiche in uno dei membri; esperienze di un lutto o di
separazioni improvvise, etc… Il non riuscire svincolarsi dalla propria
famiglia, equivale a restare in una posizione di dipendenza, questa è in genere
la caratteristica di chi inizia a far uso di droghe.
Naturalmente solo una minima parte di adolescenti che hanno una problematica di
dipendenza potrebbe diventare un tossicodipendente, anche perché non è detto
che provare una sostanza, porterà conseguentemente alla dipendenza da essa.
Sono molteplici i motivi per cui ci si avvicina all’uso di una droga e in
genere avviene con molta superficialità, poiché le viene attribuita la funzione
di fornire delle risposte immediate ai seguenti bisogni e desideri personali:
·
alterare gli stati di coscienza e espandere i livelli di consapevolezza
personale;
· sperimentare nuove sensazioni per ricercare una dimensione diversa da
quella della quotidianità;
·
facilitare l’integrazione col gruppo dei pari;
· rendere più soddisfacente l’immagine di sé favorendo sentimenti di maggior
efficacia e controllo personale;
· rafforzare l’autostima, riducendo autovalutazioni negative o favorendo la
definizione dell’identità;
·
essere aiutati ad affrontare differenti esperienze personali di disagio.
Come detto, nonostante sia abbastanza frequente la possibilità di entrare in
contatto con le droghe, non tutti diventeranno dei consumatori abituali. La
tossicodipendenza è una malattia che si fonda sull’intenso desiderio psichico
della droga, la cui funzione è simile a quella di un farmaco.
Gli studi sulle famiglie dei tossicodipendenti, fatti secondo un’ottica
relazionale, hanno permesso di evidenziare che il disagio psichico di uno dei
membri costituisce il segnale di un malessere più esteso che riguarda il gruppo
familiare rispetto ai compiti evolutivi del ciclo vitale. In questa prospettiva
il fenomeno della tossicodipendenza è visto come un modo per perpetuare la
storia familiare in maniera ripetitiva, dove le posizioni dei singoli membri si
trovano in una configurazione relazionale immobile.
Per quanto riguarda i ruoli all’interno di queste famiglie, la madre è presente
da un punto di vista accuditivo ma non emotivo, perché è impegnata ad avere il
riconoscimento di se da parte della sua famiglia d’origine, da cui non si è
ancora svincolata. Ciò comporta che avendo alla base una carenza emotiva, non è
in grado di fornire al figlio quel riconoscimento emotivo di cui il figlio ha
bisogno per crescere.
L’effetto immediato di questa difficoltà è la ripetizione di situazioni simili
a quelle vissute sia nella famiglia d’origine, nella nuova famiglia. La figura
paterna viene relegata in un ruolo secondario a causa dell’alleanza della
moglie con la sua famiglia d’origine, comportandone un’assenza rispetto al suo
ruolo genitoriale. Nei genitori vi è una scarsa interiorizzazione di quei ruoli
necessari ad accogliere i propri figli come altri diversi da sé. Il rapporto
genitori-figli è basato su una confusione di confini generazionali che ha
impedito ai genitori di portare a termine il loro mandato generazionale e ai
figli di vivesi come persone con una propria identità.
La condizione di immobilità e di resistenza al cambiamento tipica di queste
famiglie, si innesca in uno specifico stadio del ciclo vitale della famiglia,
ovvero nel momento in cui il figlio comincia a richiedere maggiori spazi di
autonomia, in corrispondenza della fase adolescenziale.
Il drogarsi assume una duplice funzione relazionale: da una parte permette al
tossicomane di essere distante e indipendente, dall'altra lo rende dipendente
in termini di danaro, di mantenimento e fedele alla famiglia.
Malgrado la voglia di indipendenza, la maggioranza dei tossicomani tende a
mantenere stabili legami con l'ambiente familiare restandovi a vivere a lungo
nel tempo. Nella fase in cui si dovrebbe attuare lo svincolo adolescenziale,
l’esterno viene avvertito come minaccioso e si ha la percezione della casa come
microcosmo sociale in cui rinchiudersi.
Per il tossicodipendente l’uso della sostanza, con le sue qualità
anestetizzanti, può impedire di pensare e di sentire il disagio presente dentro
di lui. La presenza di un figlio con problematiche di tossicodipendenza può
avere un beneficio secondario per una coppia genitoriale in crisi, poiché può
servire a mantenere insieme i genitori o a raggiungere l’obiettivo di far
interrompere un litigio tra loro. Si può parlare di una frequente
triangolazione del paziente in un rapporto preferenziale col genitore che sente
più in difficoltà in una coppia in crisi.
Egli ha il ruolo, emotivamente difficile, di mediare la tensione latente tra i
genitori e di colmare artificialmente un vuoto affettivo.
In questi giochi di triangolazione il figlio svolgerebbe la funzione di
contenimento e di mascheramento di conflitti genitoriali,.perché focalizzando
l’attenzione sul proprio disagio, li permette di rimandare la ricerca di nuove
soluzioni per superare i motivi di insoddisfazione reciproca. Il paziente
sembra accentrare su di sé le tensioni familiari poiché è demandato a lui di
rappresentare un centro focale intorno a cui la famiglia si aggrega. Il
tossicomane e la famiglia hanno difficoltà a trattenere i contenuti mentali
emozionanti che spesso vengono trasformati in agiti, questo è il motivo per cui
spesso le emozioni appaiono sotto forma di aggressività fisica o verbale.
Riuscire ad uscire da questo stato di malessere, è difficile ma non
impossibile.
A fianco alle diverse forme di psicoterapia, va sicuramente integrata la
psicoterapia familiare poiché l’origine del malessere è fortemente correlata
alla situazione familiare.
Occorre effettuare un cambiamento sinergico del sistema familiare, affinché
vengano ristrutturati ruoli e confini adeguati; ciò permetterà di sbloccare il
ciclo vitale in cui la famiglia si era arenata e di favorire lo svincolo sano
dei suoi membri.
Da: http://www.psicologi-italia.it/psicologia/droghe-e-psiche/946/giovani-droga.html
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